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Patologie oculari; ortottica e prevenzione – ne parliamo con la dottoressa Anna Maria Soldani

Intervista di Lorenzo Chierici

L’ortottista, è un professionista sanitario della visione, con particolare competenza nello screening, nella prevenzione, valutazione e riabilitazione visiva e dei disturbi motori degli occhi che impediscono visione binoculare come lo strabismo e l’ambliopia nota come occhio pigro, oltre a eseguire esami strumentali e fornire valutazioni di vario tipo al medico oculista per prevenire e curare le diverse patologie oculari. L’ortottista è quindi un professionista sanitario che lavora in sinergia con il medico oculista; l’abilitazione a questa professione si ha con il conseguimento di una laurea in Ortottista e assistente in oftalmologia, un percorso universitario della durata di tre anni.  Ci spiega tutto la dottoressa Anna Maria Soldani del Poliambulatorio 3C Salute.

Come curare occhio pigro e strabismo

Dottoressa, ci può spiegare chi è di che cosa si occupa l’ortottista?

“Si tratta di un professionista sanitario che opera nel campo prettamente oculistico, quindi si tratta di una figura paramedica; si occupa della prevenzione, valutazione e riabilitazione dei disturbi visivi, fra cui l’occhio pigro, ovvero l’ambliopia e problemi dati dalla motilità oculare quali lo strabismo. L’ortottista lavora molto spesso in sinergia con l’oculista ad esempio per valutare disturbi legati alla sindrome da affaticamento visivo, di cui sono spesso affetti pazienti che utilizzano per molto tempo dispositivi digitali e computer. L’ortottista può anche collaborare con altri medici per eventuale riabilitazione di pazienti neurologici o anche traumatizzati cranici. Inoltre, l’ortottista ha competenze specifiche nello screening dei problemi oculari, quindi si occupa anche e in particolare modo di prevenzione; la visita ortottica è consigliata ai soggetti con familiarità per strabismo o per occhio pigro o atteggiamenti sospetti come la fotofobia, lo stropicciarsi frequente degli occhi, lacrimazione, mal di testa e difficoltà di messa a fuoco per lontano e per vicino. In questi casi si consiglia una visita ortottica, con controlli mirati, dalla nascita fino agli 8 anni. Anche per gli adulti è importante eseguire una visita ortottica dal momento in cui si accusano cefalee, affaticamento visivo e in caso di diplopia; quest’ultimo caso è particolarmente importante perché con delle forie, ovvero degli strabismi latenti che si scompensano i pazienti adulti possono spesso avere problemi di diplopia, ossia una visione doppia dello stesso elemento verticale, orizzontale o obliqua.

Quando compaiono sintomi di questo tipo è fondamentale sottoporsi a una visita ortottica…

“Sì, per l’adulto in particolare sì, ma l’adulto potrebbe avere anche problemi di affaticamento visivo, l’astenopia, anche durante la lettura, non solo per una difficoltà di messa a fuoco, quindi per la presbiopia, ma anche per disturbi motori legati alla convergenza degli occhi: spesso ci sono infatti pazienti che hanno problemi di convergenza o una convergenza discreta/scarsa per cui fanno fatica ad applicarsi per molto tempo per vicino e quindi possono mostrare problemi astenopeici come mal di testa, bruciore agli occhi e lacrimazione”.

Per il bambino, invece…

“Consiglio controlli mirati periodici, anche perché l’occhio pigro si può individuare e recuperare nell’età plastica del bambino, quindi entro gli 8 anni di vita, per poi procedere con la riabilitazione”.

Quanto dura mediamente una visita ortottica e in che cosa consiste?

“Tendenzialmente sui 15-20 minuti, ma molto dipende dalla collaborazione del paziente. Consiste nella valutazione dell’acuità visiva  per l’adulto con le letterine su una tavola ottotipica per l’adulto, mentre per i bambini vengono testati su delle “E” o delle immagini semplici come casetta, uccellino e bambino; in seguito si valuta la stereopsi, quindi la tridimensionalità, la convergenza e movimenti oculari per l’assenza di problemi muscolari che possano poi portare ad atteggiamenti posturali poco corretti e di lì anche scarse performance o addirittura posizioni anomale della testa”.

É vero che i trattamenti ortottici sono consigliati soprattutto ai bambini?

“Sono consigliati a tutte le età nel momento in cui si ha una sintomatologia. Ci sono anche pazienti adulti che fanno fatica a mantenere la convergenza per vicino, quindi quando si applicano per molto tempo al computer o nella lettura, non riescono a raggiungere la performance visiva come vorrebbero e si verifica la classica sindrome dell’affaticamento visivo (astenopia). In quel caso sono indispensabili i trattamenti ortottici”.

Visite ortottiche periodiche almeno fino all’età di 8 anni

Lei consiglierebbe a tutti i genitori di sottoporre i loro figli ad una visita ortottica a livello preventivo?

“Sì, fino agli otto anni in maniera periodica, soprattutto se c’è della familiarità per strabismo, occhio pigro e o se ci sono posture o atteggiamenti e segni sospetti”.

È vero che alcuni trattamenti ortottici preventivi possono evitare l’insorgenza di future patologie oculari?

“No, non ci sono esercizi preventivi. Facendo un certo tipo di lavoro si può però prevenire la sindrome da affaticamento visivo”.

Quando possono presentarsi le prime patologie?

“Entro gli otto anni di vita nel caso di ambliopia, quindi di occhio pigro, è possibile recuperare il “visus” dell’occhio in questione, raggiungendo anche i dieci decimi, attraverso esercizi ortottici e  il  bendaggio dell’occhio sano  stimolando la visione dell’occhio pigro”.

Quali sono le patologie che possono essere recuperate con più efficacia attraverso l’attività ortottica?

“Nei problemi di diplopia sono sicuramente importanti la valutazione, la diagnosi e il trattamento sia ortottico, che con la prescrizione di eventuali lenti, chiamate prismatiche, che permettono al paziente di riacquisire una visione binoculare singola e non più doppia, I trattamenti ortottici sono molto efficaci anche in pazienti che hanno la sindrome da affaticamento visivo, quindi astenopia, soprattutto nei videoterminalisti che non riescono a mantenere la convergenza per più ore per vicino o anche per piccoli pazienti affetti da ambliopia, quindi da occhio pigro; inoltre, sono efficaci nelle situazioni di strabismo con un deficit di un determinato muscolo: spesso infatti, i muscoli verticali degli occhi, portano ad una posizione anomala del capo, quindi il soggetto riesce ad avere, tramite adeguati esercizi, la consapevolezza di come muovere gli occhi, quindi i muscoli, in modo tale da andare a compensare questi atteggiamenti viziati”.

Quindi, anche le cattive posture nella vita quotidiana possono arrivare a portare a conseguenze anche nella vista?

“Sì, spesso i genitori si lamentano perché il bambino rimane troppo vicino al libro che sta leggendo oppure tende a guardare oltre gli occhiali, ma spesso, tali atteggiamenti, dipendono dalla presenza di alterazioni muscolari”.

Quali sono gli esercizi più frequenti per prevenire o per risolvere patologie ortottiche?

“I più frequenti in assoluto sono esercizi di convergenza per correggere strabismi latenti che spesso il soggetto riesce a compensare, spesso però, quando si ha una scarsa convergenza, si fa molto fatica a tenere gli occhi in asse e sempre fermi su un punto fisso: ne conseguono sintomatologie quali lacrimazione, mal di testa, bruciore agli occhi che fanno sì che tali soggetti tendano ad abbandonare la lettura; molti pazienti, infatti, riferiscono di far leggere agli altri, pur di non avere tali sintomatologie e succede spesso negli adulti perché i ragazzini, avendo appunto una plasticità maggiore nel sistema visivo, riescono a compensare e molte volte, inconsciamente, chiudono anche un occhio per ovviare al problema”.

Nell’adulto c’è un’età al di là della quale diventa difficile correggere determinate situazioni, magari cronicizzate col passare del gli anni?

“L’occhio pigro, dopo i dieci anni, è praticamente incorreggibile; invece, altre patologie insorte in un secondo momento si possono risolvere, ma è indispensabile che ci sia della continuità negli esercizi, visto che fare solo le 10 sedute per poi abbandonare tutto serve relativamente a poco: è un po’ come andare in palestra, quando si molla il muscolo torna flaccido. I muscoli oculari vanno allenati come gli altri muscoli  e questo è infatti il problema degli esercizi a domicilio, che spesso, purtroppo, non vengono eseuiti”.

Per quanto tempo andrebbero fatti?

“Dipende dalla patologia e dal tipo di difetto, però ci sono anche degli esercizi, tipo quelli di convergenza che sono i più comuni, che andrebbero fatti sempre, almeno 10 minuti al giorno”.

Mal di testa, bruciori e lacrimazione i primi sintomi

Quali sono i primi sintomi che fanno scattare il campanello d’allarme?

“Mal di testa, bruciore agli occhi, lacrimazione e ovviamente difficoltà di messa a fuoco nel passaggio da vicino a lontano, questo soprattutto nei soggetti più adulti. Nel caso del bambino è il genitore che si accorge di atteggiamenti un po’ ambigui nel bambino, oppure si viene a conoscenza di tale sospetto attraverso gli screening che si fanno nelle scuole”.

La difficoltà nel curare deficit oculari, a livello muscolare e sensoriale, deriva banalmente dall’incostanza dei pazienti che non fanno gli esercizi a casa?

“Sì, assolutamente sì!”.

Ci sono altre limitazioni a questo tipo di approccio?

“Prima di tutto bisogna essere convinti nello scegliere un percorso ben preciso, per evitare il rischio di abbandono di cui parlavamo prima. Poi, l’arma vincente è proprio la prevenzione: ossia fare controlli periodici con un medico oculista, che possa avvalersi anche del lavoro dell’ortottista, in modo che si possa valutare tutto, non solo dal punto di vista refrattivo, quindi per gli occhiali, ma anche dal punto di vista muscolare e dal punto di vista retinico e del nervo ottico. L’ortottista, che lavora in sinergia con l’oculista, esegue anche degli esami strumentali, che poi vengono refertati dal medico, necessari poi per il follow-up e la diagnosi di determinate patologie”.

Insomma, per curare un problema di natura ortottica servono diversi mesi, vero?

“Certamente, ma è fondamentale la verifica dei progressi anche con l’operatore, magari dopo sei mesi o un anno al massimo, allo scopo di correggere eventualmente il tipo di terapia o valutare opzioni differenti”.

L’ortottista lavora quindi in stretta collaborazione con il medico oculista al quale spetta poi il compito di indicare la terapia ottica, ortottica, farmacologica ed eventualmente chirurgica. L’ultima parola spetta quindi solo ed esclusivamente all’oculista?

“Assolutamente sì ed è bene che sia così, noi ortottisti forniamo solo un supporto tecnico”.

Esistono esercizi di base per mantenere in equilibrio un occhio sano?

“Non farebbero male a nessuno alcuni esercizi di motilità oculare: ad esempio, stando sdraiati a letto è sufficiente guardare gli angoli delle pareti tenendo ferma la testa, visto che, quasi tutti i soggetti, nella quotidianità, spostano più spesso la testa degli occhi. Per i videoterminalisti occorre staccare ogni ora lo sguardo dal monitor e guardare fuori dalla finestra, cercando un punto lontano, per almeno cinque minuti. Se non lo si fa ogni ora, almeno ogni due o tre ore va assolutamente fatto. É ovviamente sbagliatissimo “staccare la spina” dal monitor, rilassandosi un attimo guardando il cellulare o un altro schermo: è infatti fondamentale guardare lontano, possibilmente fuori dalla finestra”.

Ci sono degli oculisti, fortunatamente non qui al 3C Salute, che per il timore di perdere il paziente, consigliano esami diagnostici magari in strutture lontane, per evitare che il medico che formulerà la valutazione dei dati possa piacere di più di colui che ha formulato la prima diagnosi. A un ortottista questo non può accadere, vero?

“Noi siamo tecnici, quindi lavoriamo in poliambulatori dove confluiscono pazienti da vari medici. Non penso che ci sia comunque questa rivalità, poi è soggettivo”.

Test ortottici: così si intercettano le patologie oculari

Parlavamo di test: qual è il più utilizzato nei pazienti affetti da cataratta?

“É fondamentale eseguire un’ecobiometria per misurare proprio la lunghezza antero-posteriore dell’occhio, poi valutare se c’è dell’astigmatismo o comunque delle irregolarità a livello corneale e fare anche una mappa topografica. É’ inoltre molto importante fare l’OCT, della retina, perché quando c’è la cataratta, ovvero opacità del cristallino, il medico oculista non riesce a vedere bene nel dettaglio la struttura della retina; l’OCT è un esame non invasivo col quale si vanno a guardare nel dettaglio tutti gli strati della regione centrale della retina, che è la macula. Idem per le opacità corneale, così come il paziente vede male, anche l’oculista fa fatica a vedere il fondo dell’occhio e quindi questi esami strumentali sono fondamentali”.

Che differenza c’è tra OCT, ossia la tomografia a coerenza ottica e l’esame del campo visivo?

“Sono entrambi esami non invasivi. L’OCT serve per vedere nel dettaglio gli strati della retina, in modo particolare della macula, che è la zona centrale della retina nella quale confluiscono tutti i raggi luminosi e quindi permette di valutare l’assenza di patologie a livello maculare: ci sono infatti pazienti che raggiungono i 10 decimi, pur palesando problemi retinici anche importanti. L’OCT serve anche per valutare la salute del nervo ottico e sottoponendosi a un OCT del segmento anteriore si può anche studiare la cornea, quindi individuare l’eventuale presenza di alterazioni, con la conseguente possibilità di misurare eventuali cicatrici o valutare problemi legati a patologie pregresse”.

Non abbiamo parlato di campo visivo… Inoltre, quali sono gli altri test di cui si occupa l’ortottista?

“L’ortottista si occupa appunto del “campo visivo”, un esame che serve per la valutazione di alterazioni a carico del nervo ottico, soprattutto in pazienti che hanno il glaucoma e per la valutazione di alterazioni della sensibilità retinica. In più l’ortottista si occupa della topografia corneale, fondamentale per il follow-up e per la diagnosi di patologie corneali, in primis il chetarono, che è un’alterazione della cornea. La topografia è molto importante anche in contattologia, con l’interazione con l’ottico – contattologo, che serve per l’eventuale valutazione chirurgica, come la chirurgia refrattiva o la chirurgia della cataratta. Serve inoltre per valutare anche la presenza o meno di un astigmatismo e di lì poi la scelta di utilizzo di una IOL, ossia di una lentina intraoculare in grado di correggere anche l’astigmatismo. L’ortottista si occupa anche di altri esami, come la tonometria, che serve per misurare il tono oculare, ovvero la pressione interna dell’occhio: anche questo è un esame molto importante per soggetti che hanno familiarità per il glaucoma o affetti da ipertono oculare. Poi ci sono gli esami dell’acuità visiva, con tutte le sue sfaccettature, test ortottici, da quello della stereopsi, che serve per valutare la tridimensionalità, ai vari test della visione binoculare singola. L’ortottista esegue abitualmente anche altri test, come quello della sensibilità al contrasto o dei colori o dell’abbagliamento. Alcune di queste valutazioni ortottiche servono anche al rinnovo delle patenti nautiche e di guida e per le richieste di invalidità civile”.

La microchirurgia oculare si è evoluta tantissimo negli ultimi anni: oggi si fanno interventi che anni fa non erano assolutamente pensabili. Quanto si sono evolute la tecnica e la strumentazione di un ortottista?

“É un campo bellissimo: ogni sei mesi ci sono delle innovazioni, un po’ come in tutto il campo della medicina. Ci sono strumenti sempre più all’avanguardia, che spesso sono correlati fra loro… hanno anche dei prezzi di un certo tipo, ma sono strumenti che riescono a dare un quadro generale più approfondito in pochissimo tempo, dando a noi specialisti la possibilità di formulare valutazioni più veloci, ma anche e soprattutto più precise”.

Qui al Poliambulatorio 3C Salute riuscite a fare praticamente tutto, vero?

“Sì, abbiamo gli strumenti necessari per approfondire qualunque tipo di esame strumentale: dalla topografia corneale, all’OCT, dalla tonometria a soffio e ad applanatio al campo visivo”.

Quant’è importante l’anamnesi da parte del paziente?

“É assolutamente determinante. Ascoltare i problemi che evidenza il paziente è decisivo per arrivare alla diagnosi, così com’è fondamentale guardarlo quando si muove: anche dalla posizione anomala della testa si può capire se c’è un astigmatismo, un’alterazione muscolare, oppure ci sono movimenti di ricerca che evidenziano problemi maculari. Dipende ovviamente dall’esperienza che ognuno di noi ha: individuare le problematiche già nella previsita eseguita dall’ ortottista significa eseguire poi l’esame più adatto ad individuare la causa del problema, permettendo poi all’oculista di formulare diagnosi e cura”.

In pratica, chiudendo col sorriso, lei, con un colpo d’occhio, è in grado di restituire la salute dell’occhio al suo paziente?

“No, io no (e ride ndr), ma di certo posso aiutare l’oculista a capire e a velocizzare l’analisi del problema, per poi dare al paziente una soluzione migliore affinché possa ritrovare le proprie performance visive”.

A cura di Lorenzo Chierici
Ufficio Stampa 3C Salute