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Il trattamento dei denti del giudizio e la gestione delle cure del cavo orale di persone affette da disabilità – ne parliamo con il Dott. Andrea Zacchino

Intervista di Lorenzo Chierici

Si è laureato all’Ateneo di Bologna in Odontoiatria e Protesi dentaria nel 2016 portando una tesi innovativa dal titolo “Navigazione implantare: test in vitro e dati clinici di un prototipo a raggi infrarossi”, per poi frequentare e superare col massimo dei voti, nel 2018, il master di secondo livello in Chirurgia orale e Implantologia, sempre presso l’Università di Bologna. Stiamo parlando del dottor Andrea Zacchino che subito dopo la laurea, nel 2017, è entrato a far parte della grande famiglia del Poliambulatorio 3C Salute di via Largo Gerra 2, a Reggio Emilia, dove oggi si occupa anche delle cure dentarie di ragazzi e persone adulte affette da varie disabilità, che a volte sono particolarmente difficili da approcciare. Nel centro di via Largo Gerra, il dottor Andrea Zacchino, è inoltre diventato da tempo un punto di riferimento per la gestione dei terzi molari, ossia dei denti del giudizio che, se non vengono trattati per tempo, possono creare non pochi problemi nel corso degli anni.
Dottore partiamo dall’igiene orale, sia per gli adulti che per i bambini. Al giorno d’oggi ognuno di noi va puntualmente di fretta e talvolta ci si dimentica di lavarsi i denti. Ci può dare qualche consiglio per essere incentivati maggiormente a farlo? E’ corretto lavarsi i denti con dentifrici fluorati?

“Lavarsi i denti più volte al giorno e quotidianamente è fondamentale per ottenere sia la salute dei tessuti di supporto del dente, quindi della gengiva e del legamento parodontale, sia dei tessuti minerali del dente, questo sia per proteggere dalle due malattie più diffuse, la parodontite e la carie. Per quanto riguarda il fluoro ci sono vari studi che ritengono che tale sostanza sia veramente importante nella rimineralizzazione soprattutto dei denti affetti da demineralizzazione dovuta dall’acidità del cavo orale e all’alimentazione. In molti casi tuttavia l’acqua che assumiamo quotidianamente, compensa già buona parte della carenza di fluoro nell’ambiente; quindi è consigliabile usare dentifrici fluorati, ma in quantitativi non eccessivi”.

Un consiglio su come spronare ognuno di noi a lavarsi i denti malgrado gli impegni, la fretta e la nostra vita frenetica di ogni giorno?

“Ascoltare una canzone. Sembra una banalità, ma ciò che consiglio sempre è lavarsi i denti magari guardando un video sul cellulare oppure ascoltando una canzone per non annoiarsi, soprattutto durante l’utilizzo del filo interdentale, che è molto importante, ma che può risultare abbastanza noioso visto che il suo utilizzo corretto può richiedere dai tre ai 7-8 minuti, un arco di tempo durante il quale magari si può vedere qualcosa di interessante come un documentario o un video in generale. Su YouTube tra l’altro, ci sono vari filmati che invitano e stimolano l’utilizzo frequente degli strumenti di igiene orale”.

I disabili dal dentista: tipo di approccio, sedazione e interventi

Qui a 3C Salute lei e il dottor Cassetti, anestesista nonché direttore sanitario del Poliambulatorio, vi occupate anche delle cure odontoiatriche di persone disabili. Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate in tale attività? In quale modo riuscite a creare un rapporto con loro portandoli a fidarsi del dentista?

“Ci sono alcuni casi davvero complessi, visto che sia i ragazzi giovani che i disabili di tutte le età, arrivano ad avere un livello di igiene orale tutt’altro che sufficiente, con tutti i rischi del caso. E’ quindi importante riuscire a entrare in sintonia con loro e io e il dottor Cassetti cerchiamo di parlare sia con i pazienti che con i genitori, facendo inoltre una visita preparatoria nella quale cerchiamo di farci conoscere, in modo che il soggetto prenda contatto e confidenza con noi e con tutto lo staff che poi si occuperà di lui. Quando si interviene, però, è particolarmente utile la cosiddetta “sedazione cosciente”, non in tutti i casi ma in moltissime situazioni, che porta a un rilassamento profondo da parte dei pazienti; se non procedessimo in questo modo molti di essi, affetti da disabilità sia psichica che motoria, paleserebbero notevoli difficoltà nel collaborare con noi e la sedazione profonda ci permette, quindi, di lavorare in situazioni abbastanza tranquille, laddove in altre situazioni non sarebbe possibile”

Si tratta comunque di una sedazione leggera, vero?

“Comporta la totale amnesia dell’intervento, quindi il paziente non si ricorda nulla di ciò che è avvenuto, ma vengono conseravati invece i riflessi come quello respiratorio, quello del vomito, che proteggono da eventuale inserimento di acqua. E’ un tipo di sedazione controllata dal dottor Cassetti e assolutamente sicura”.

Come si affronta la richiesta di utilizzo degli strumenti necessari all’igiene orale nei confronti di persone affette da disabilità?

“Non è semplice, ma prima di tutto noi chiediamo l’aiuto dei genitori che, per emulazione, dovrebbero lavarsi i denti dimostrando ai loro figli l’utilizzo dei vari strumenti. Oppure, nei casi un po’ più complessi, chiediamo ai genitori di lavare i denti ai loro figli, ma anche in questo caso non sempre si raggiunge un livello di igiene sufficiente; tuttavia già il fatto di avere una collaborazione da parte dei ragazzi e la familiarità con lo spazzolino durante le procedure domiciliari facilita anche il nostro lavoro in caso di trattamenti”.

Un consiglio potrebbe essere quello dell’utilizzo dello spazzolino elettrico, che tra l’altro è divertente e forse permette di andare anche più a fondo?

“Assolutamente sì: è senz’altro divertente ed è particolarmente indicato per pazienti con scarsa manualità e permette di raggiungere livello di igiene sicuramente migliore nell’arco del tempo, quindi lo consiglio assolutamente, sia per pazienti con disabilità, sia per pazienti normodotati, magari avanti con gli anni, che hanno difficoltà nel lavarsi bene i denti con lo strumento tradizionale”.

E’ vero che lo spazzolino elettrico aiuta anche nella rimozione del tartaro?

“No, ma aiuta a rimuovere la placca, anche nella zona fra dente e gengiva, ossia quella più difficile da pulire e che porta allo sviluppo di malattie parodontali. Non aiuta però nella rimozione del tartaro, che è placca calcificata, per la quale servono strumenti ultrasonici”.

Sedazione cosciente e interventi sui molari

Lei si occupa frequentemente anche dell’estrazione di molari con sedazione cosciente. In che cosa consiste esattamente? Quali problemi possono insorgere durante l’intervento?

“Per quanto riguarda la chirurgia dei terzi molari, si tratta di un tipo di chirurgia già piuttosto avanzata e invasiva rispetto ad altri tipi di intervento nel cavo orale. L’unica complicazione che potrebbe insorgere rispetto alle procedure non in sedazione è riuscire a capire quando farà effetto l’anestesia tronculare che noi usiamo spesso per estrarre i terzi molari inclusi o semi-inclusi”.

Quando il paziente urla non ci sono dubbi (e si sorride… ndr)?

“Ovviamente no, è una battuta… La verità è che appena il paziente avverte un minimo dolore ce ne accorgiamo subito; basta che faccia alcuni movimenti e noi capiamo che l’anestesia non ha fatto effetto. L’aspetto positivo è questo: se anche dovesse essere percepito un minimo dolore prima che l’anestesia faccia effetto, non rimane alcuna memoria di questo dolore al termine dell’intervento sotto sedazione”.

Rimaniamo sui disabili: qual è il tipo di approccio corretto per creare un rapporto di fiducia col paziente disabile?

“Bisogna trovare il modo di fare conoscenza, per poi capire quali siano le esigenze del paziente, visto che le esigenze dell’uno sono diverse da quelle dell’altro”.

Come vanno gestiti i controlli di un paziente disabile? Cos’è che va verificato più frequentemente in tali pazienti?

“Senz’altro l’igiene orale va controllata con maggiore frequenza, essendo più complessa rispetto a quella in pazienti non disabili; quindi, a mio avviso, tali controlli vanno effettuati almeno due volte l’anno, se non di più, visto che ci sono pazienti che, proprio a causa di un’igiene orale non corretta, hanno una formazione di tartaro più copiosa rispetto ad altri e questo va ovviamente rimosso”.

La prima visita odontoiatrica per un paziente disabile coincide con quelle dei bimbi normodotati?

“Assolutamente sì, coincide con le visite pediatriche, quindi intorno ai 4 anni, anche se potrebbe avere senso già da quando ci sono le prime eruzione dentarie, quindi ai 6-8 mesi, per far capire ai genitori le possibilità di pulizia dei denti decidui e iniziare a instaurare fin da subito un rapporto di fiducia fra paziente e medico”.

Sedazione cosciente e interventi sui molari

Lei si occupa frequentemente anche dell’estrazione di molari con sedazione cosciente. In che cosa consiste esattamente? Quali problemi possono insorgere durante l’intervento?

“Per quanto riguarda la chirurgia dei terzi molari, si tratta di un tipo di chirurgia già piuttosto avanzata e invasiva rispetto ad altri tipi di intervento nel cavo orale. L’unica complicazione che potrebbe insorgere rispetto alle procedure non in sedazione, è riuscire a capire quando farà effetto l’anestesia tronculare che noi usiamo spesso per estrarre i terzi molari inclusi o semi-inclusi”.

Quando il paziente urla non ci sono dubbi (e si sorride… ndr)?

“Ovviamente no, è una battuta… La verità è che appena il paziente avverte un minimo dolore ce ne accorgiamo subito; basta che faccia alcuni movimenti e noi capiamo che l’anestesia non ha fatto effetto. L’aspetto positivo è questo: se anche dovesse essere percepito un minimo dolore prima che l’anestesia faccia effetto, non rimane alcuna memoria di questo dolore al termine dell’intervento sotto sedazione”.

Rimaniamo sui disabili: qual è il tipo di approccio corretto per creare un rapporto di fiducia col paziente disabile?

“Bisogna trovare il modo di fare conoscenza, per poi capire quali siano le esigenze del paziente, visto che le esigenze dell’uno sono diverse da quelle dell’altro”.

Come vanno gestiti i controlli di un paziente disabile? Cos’è che va verificato più frequentemente in tali pazienti?

“Senz’altro l’igiene orale va controllata con maggiore frequenza, essendo più complessa rispetto a quella in pazienti non disabili; quindi, a mio avviso, tali controlli vanno effettuati almeno due volte l’anno, se non di più, visto che ci sono pazienti che, proprio a causa di un’igiene orale non corretta, hanno una formazione di tartaro più copiosa rispetto ad altri e questo va ovviamente rimosso”.

La prima visita odontoiatrica per un paziente disabile coincide con quelle dei bimbi normodotati?

“Assolutamente sì; coincide con le visite pediatriche, quindi intorno ai 4 anni, anche se potrebbe avere senso già da quando ci sono le prime eruzione dentarie, quindi ai 6-8 mesi, per far capire ai genitori le possibilità di pulizia dei denti decidui e iniziare a instaurare fin da subito un rapporto di fiducia fra paziente e medico”.

Carie e gengiviti: come prevenirle e come curarle

Parliamo ora di pazienti in generale. Può spiegarci che cos’è esattamente la placca batterica? E perché è così dannosa? Ogni quanto tempo si deve fare una detartrasi?

“La placca batterica è un aggregato di batteri che forma un biofilm, una struttura colloidale che va a formare sui denti e quando questo biofilm si forma è fondamentale rimuoverlo con lo spazzolino, il filo interdentale e gli scovolini. In quel momento il biofilm si riesce a rimuovere, mentre se si lasciano passare 24 ore tale struttura inizia a solidificarsi e a trasformarsi in tartaro e a quel punto occorre sottoporsi a detartrasi per eliminarlo in modo netto”.

Ecco perché si dice che, al di là dei problemi di alitosi, occorre lavarsi i denti più volte al giorno…

“Una volta al giorno, se fosse perfetta, sarebbe anche sufficiente, magari di sera prima di andare a letto, essendo il momento più importante per l’igiene orale. Tuttavia, ogni volta che ci puliamo i denti non copriamo mai tutte le aree che andrebbero difese dalla placca, quindi lavarsi i denti due o tre volte al giorno permette di rendere la pulizia perfetta”.

E’ vero che le carie trascurate, oltre a dolori e infiammazioni, possono portare alla perdita completa del dente?

“Certo. La carie, nel momento in cui va a distruggere il dente, può portare anche alla sua perdita; non solo, quando arriva alla polpa può portare alla necessità di devitalizzare il dente. L’estensione di grandi dimensioni della carie può portare anche alla separazione delle radici dei denti pluriradicolati, provocando la distruzione del dente stesso e l’impossibilità di averne un recupero”.

Quali sono le patologie più frequenti che riscontra mediamente nei suoi pazienti? Possiamo fare a tal proposito anche un distinguo fra disabili e normodotati

“Se parliamo di pazienti disabili la patologia più presente è l’infiammazione gengivale, quindi gengiviti anche molto importanti, seguite dalla carie. Spesso ci si divide fra pazienti che soffrono molto di problemi legati alla carie e pazienti che invece magari soffrono meno di problemi legati alla carie, ma molto di problemi legati a tutta la struttura di supporto del dente, quindi al parodonto, attraverso le infiammazioni gengivali. Questo è un discorso a livello generale delle patologie che affliggono la bocca”.

Rispetto al passato è cambiato il modo di affrontare il problema delle carie? Come si sono evoluti i materiali e quale effetto hanno sui denti?

“Oggi si usano soprattutto materiali compositi, quindi materiali resinosi, con un riempimento minerale o vetroso; tali compositi sono da utilizzare assolutamente in un ambiente asciutto: proprio per questo motivo oggi, nelle procedure restaurative, si usa la cosiddetta “diga di gomma”, uno strumento per noi fondamentale per raggiungere il risultato terapeutico desiderato. I materiali sono decisamente migliori rispetto al passato, quando si usavano l’amalgama di mercurio e l’argento, che erano efficaci, ma necessitavano di una maggiore preparazione del dente, inoltre erano meno conservativi e meno estetici. Quelli che si usano oggi sono materiali definiti “mimetici”, molto più estetici, dotati di varie variazioni di bianco, che quindi rendono il dente assolutamente perfetto al termine dell’intervento”.

Oggi quindi una carie otturata non la si vede più, mentre in passato non era cosi…

“E’ verissimo. Oggi si ricercano l’efficacia, ma anche l’estetica e un’otturazione di una carie, se il trattamento è stato fatto in modo corretto, non la si vede più”.

Devitalizzazioni, quando evitarle e quando sono indispensabili

Che cosa sono le cure canalari? Sono dolorose? Si fanno sotto anestesia?

“Le cure canalari, chiamate anche devitalizzazioni, sono le procedure che si eseguono quando la polpa dentale, quindi il nucleo del dente, è stata contaminata dai batteri arrivati tramite la carie. Sono interventi che si eseguono sotto anestesia, anche perché la polpa tante volte può essere ancora sensibile e perché la pulpite può essere davvero molto dolorosa; consistono nell’eliminare la polpa e sostituirla con materiali specifici come guttaperca e cementi canalari al fine di eliminare eventuali possibilità di infezione e di ascesso a seguito della necrosi pulpare”.

E’ vero che la devitalizzazione di un dente è sempre l’ultima scelta? Che differenza c’è fra un paziente che ha in bocca un dente devitalizzato, rispetto a una persona che ha un dente vitale?

“La devitalizzazione rende il dente molto più disidratato e più fragile rispetto al dente vitale, quindi nel momento in cui si agisce sul dente tramite procedure conservative, si cerca sempre di evitarla, ma in molte situazioni è impossibile evitare le procedure di terapia endodontica e quindi il dente devitalizzato diventa più fragile. Per poterlo mantenere in bocca per molto tempo c’è la possibilità di protesizzarlo, tramite le corone, che permettono il perdurare di questi denti fragili per molto più tempo”.

Quindi incapsulare un dente devitalizzato è fondamentale?

“E’ consigliabile, anche se non è obbligatorio. Nella clinica di tutti i giorni si vedono anche denti devitalizzati che durano per tanto tempo, non protesizzati. Viceversa, vediamo anche tanti denti devitalizzati, non incapsulati, che si fratturano dopo pochissimo tempo dalla devitalizzazione e questo va a compromettere tutta la terapia che è stata fatta fino a quel momento, visto che poi quel dente va estratto”.

Quindi un dente devitalizzato dura meno di un dente vitale, salvo non sia incapsulato?

La protesizzazione del dente devitalizzato è il gold standard per farlo durare di più nel tempo. Il dente non protesizzato può invece durare tanto, così com’è possibile che si rompa in tempi brevi”.

Al di là dell’estetica, perché è sempre meglio sostituire i denti mancanti?

“Prima di tutto, estetica a parte, le motivazioni sono varie, prima fra tutte quella della funzionalità: avere o non avere i molari cambia molto a livello di qualità della masticazione; inoltre, i denti antagonisti, ossia quelli dell’arcata opposta al dente mancante, tendono a estrudere, portando a disequilibri palesi, con difficoltà maggiori nel caso in cui lo si voglia sostituire andando avanti col tempo. Un altro aspetto importante, che molti non conoscono, è il fatto che i pazienti coi denti in bocca, rispetto a pazienti edentuli, hanno anche una minore possibilità di avvicinarsi a malattie degenerative come la demenza senile; è stato scientificamente provato che la permanenza dei denti permette di continuare a mantenere le proprie funzioni”.

Denti e capacità cognitive: un legame verificato dalla scienza

Quindi più denti si hanno e più tardi si peggiora a livello cognitivo?

“Sì, ci sono vari studi che correlano queste due cose, quindi lo consiglierei vivamente”.

Qual è l’Iter da seguire per arrivare all’inserimento di una protesi dentaria? E’ doloroso? Esiste un trattamento post operatorio specifico?

“Dipende di che protesi parliamo. Per quanto riguarda la protesi dentaria mobile come le dentiere o gli scheletrati non si passa da situazioni dolorose, in quanto vengono sviluppate in seguito a un’impronta e a varie prove, per poi arrivare al risultato protesico desiderato. Per quanto riguarda la protesi fissa su denti devitalizzati, anch’essa non porta procedure dolorose nella preparazione; l’unica protesi che preveda qualche momento leggermente doloroso è la protesi implantare nella quale ci si sottopone ad un intervento chirurgico di implantologia per poi costruire la protesi, ma il tutto viene fatto in anestesia locale, quindi anche in questo caso il dolore è davvero minimo, se non nullo, paragonandolo ad esempio ad un’estrazione dentale”.

In quest’ultimo caso c’è anche un percorso post-operatorio?

“Per quanto riguarda la protesi implantare o gli interventi di implantologia spesso c’è una profilassi antibiotica pre-operatoria e anche post operatoria, oltre a una terapia con analgesici e antidemigeni, sempre in caso di interventi molto estesi”.

Quali sono le alternative agli impianti, sempre che ce ne siano?

“Dov’è possibile le alternative sono la protesi fissa supportata da denti, quindi i cosiddetti ‘ponti’ e le protesi mobili, quindi gli ‘scheletrati’: sono alternative che però possono essere maggiormente invasive, soprattutto per quanto riguarda la protesi fissa, che viene appoggiata su altri elementi dentari, che è un po’ più distruttiva, in quanto prevede a volte la preparazione di elementi dentari sani, che vengono poi limati, mentre le protesi implantari, che io consiglio soprattutto in persone giovani, non prevedono la lavorazione su elementi dentari vivi e sani”.

Le persone affette da osteoporosi, al di là delle persone anziane, possono ugualmente ricevere trattamenti protesici oppure il fatto di essere affetti da tale patologia rappresenta una forte limitazione a questi tipi di interventi?

“Può essere una limitazione soprattutto nel caso di osteoporosi gravi, visto che occorre sempre valutare la densità ossea, ma anche per pazienti che si sottopongono a terapie a base di bisfosfonati, che comportano un rischio di necrosi dei mascellari, non solo per la terapia implantare, ma per qualunque altro tipo di intervento chirurgico a livello orale”.

Cosa ne pensa dell’evoluzione del mondo degli apparecchi? Oggi esistono anche quelli trasparenti che sono senz’altro più godibili rispetto a quelli tradizionali. Hanno la medesima efficacia di quelli di un tempo?

“Si tratta di strumenti molto efficaci che hanno la medesima riuscita degli apparecchi classici con i brackets odontoiatrici; è chiaro che ci sono casi complessi nei quali non sono utilizzabili; quindi, in queste situazioni è comunque necessario sottoporsi a terapie ortodontiche con i brackets che prevedono un maggior movimento e soprattutto una maggiore controllo a livello torsionale sugli elementi dentari”.

Perché è sempre consigliabile allineare i denti storti o affollati? Inoltre, gli apparecchi possono essere messi a qualunque età? Da adulti che efficacia hanno?

“Parto dalla fine. Gli apparecchi possono essere messi a qualunque età; tuttavia, soprattutto per disturbi morfologici molto importanti, è opportuno sfruttare il picco di crescita, perché nei pazienti giovani, nei quali c’è un elevato picco di crescita a livello ormonale, si raggiungono molto più rapidamente i risultati permettendo anche di risolvere problemi molto più gravi. La terapia ortodontica si può applicare anche a pazienti adulti ottenendo risultati davvero molto buoni. Per quanto riguarda l’importanza di un corretto riposizionamento degli elementi dentari i motivi sono diversi: al di là dell’aspetto prettamente estetico, un corretto allineamento dei denti favorisce una corretta igiene orale, perché laddove ci sono elementi rotati o ectopici l’igiene orale è più complessa e possono quindi insorgere gravi problemi di gengiviti perché gli spazi interprossimali non sono così puliti, con le relative conseguenze di cui abbiamo già parlato. E’ fondamentale quindi utilizzare gli scovolini e il filo interdentale, che i pazienti giovani molte volte non usano, ma anche questo a volta non basta per evitare la formazione di tasche gengivali che, in tempi brevi o lunghi che siano, possono portare anche alla perdita dei denti”.

Come gestire i denti del giudizio: quando toglierli e come si fa

Dottore, cosa si intende per chirurgia dei terzi molari? In che cosa consiste? Quali sono i motivi per cui la si fa e quali sono i risultati che si ottengono?

“E’ l’estrazione dei denti del giudizio. E’ una chirurgia abbastanza invasiva a livello del cavo orale che tuttavia, con gli strumenti odierni, può essere affrontata abbastanza serenamente. Si tratta di una chirurgia che prevede un post-operatorio con un paio di giorni di gonfiore dei terzi molari inferiori. Bisogna sottoporsi a questo intervento soprattutto nel caso in cui ci siano denti seminclusi, che sono quelli parzialmente coperti da gengiva e che non hanno la possibilità di erompere completamente: proprio su questi elementi si vanno spesso a formare le gengiviti che portano poi agli ascessi. La pericorona, ossia la struttura che circonda il dente del giudizio semincluso, è quella che poi si infiamma e che può portare all’insorgenza di pericoronariti con sintomatologia molto dolorosa”.

Tutto questo lo si nota con una panoramica?

“La panoramica è senz’altro il primo esame da fare per valutare i denti del giudizio e ci permette di studiare la posizione delle radici di questi elementi rispetto al nervo mandibolare inferiore ospitato dal canale mandibolare, per poter poi considerare l’ipotesi dell’estrazione. Dopodiché, se in panoramica si può apprezzare una continuità delle radici rispetto al canale mandibolare, allora si esegue una TAC con beam, un esame tridimensionale che ci consente di valutare più a fondo l’ipotesi di effettuare un intervento in totale sicurezza”.

Dottore, l’estrazione dei denti del giudizio è ormai uno dei suoi punti di forza e qui al Poliambulatorio 3C Salute ne fate davvero tante…

“Direi di sì. Ormai siamo un po’ un punto di riferimento per l’estrazione dei terzi molari, anche perché è un intervento che può comportare alcuni rischi e noi di casi ne vediamo davvero tantissimi. La mole dei pazienti dello studio è elevata, quindi abbiamo affrontato le casistiche più variegate. Per noi è diventato ormai un intervento abbastanza comune; tra gli interventi di chirurgia del cavo orale, soprattutto in giovane età, almeno da noi, è uno dei più praticati e può essere effettuato sia per questioni ortodontiche, quindi per mancanza di spazio per il conseguente posizionamento degli altri elementi richiesta dall’ortodontista, sia per evitare l’insorgenza di pericoronariti, che sono le infezioni che interessano questi elementi”.

Quando viene fatta la valutazione sul dente del giudizio?

“Dipende un po’ da che tipo considerazione viene fatta: spesso i pazienti seguiti da un’ortodontista ricevono maggiore attenzione su questi elementi, visto che il quadro ortodontico è da valutare attraverso un’ortopantomografia, quindi una panoramica, che permette già di individuare lo spazio delle gemme dentarie degli ottavi e il rapporto con la branca mandibolare. Già questa prima valutazione ci permette di capire se un dente del giudizio emergerà del tutto oppure no. I terzi molari che riescono ad erompere completamente lo spazio corretto non devono essere sottoposti al trattamento, quindi sono molari come gli altri e vanno lasciati lì, mentre i denti che non erompono completamente, spesso e soprattutto quelli che erompono parzialmente devono essere trattati e l’età nella quale viene valutata questa situazione è fra i 12 e i 18 anni, anche se poi capita che certe valutazioni, per situazioni occasionali, vengono valutate successivamente. L’intervento eseguito entro i 25 anni di età ha una prognosi molto migliore e un recupero osseo molto più rapido, quindi si considera di fare presto questo tipo di valutazione”.

A cura di Lorenzo Chierici
Ufficio Stampa 3C Salute