L’ecografia è un esame non invasivo che può salvare la vita: su fegato, pancreas, milza, reni, vescica, spalla e carotidi, oltre all’anca del bambino, l’esame ecografico può essere determinante – Ne parliamo col Dott. Giancarlo Reggiani di 3C Salute
Dirigente di primo livello presso il servizio di Radiologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, con qualifica di alta professionalità in ecografia interventistica, nonché ex responsabile della struttura di radiologia d’urgenza dell’ospedale di Alessandria e dirigente di primo livello all’ospedale Poma di Mantova. Sono queste alcune delle tappe professionali più importanti del Dott. Giancarlo Reggiani, uno dei più stimati esperti reggiani di ecografia, noto anche per la sua schiettezza e oggettività nelle valutazioni. Dotato di una forte carica umana, il dottor Reggiani, ora in pensione, collabora con il Poliambulatorio 3C Salute di Reggio Emilia di Largo Marco Gerra 2, del quale contribuisce ad elevare il livello di competenza e professionalità. Assieme a lui cerchiamo ora di capire i segreti di un esame tanto importante e immediato nella valutazione quanto innocuo per il paziente a livello di impatto biologico.
Dottor Reggiani, l’ecografia è un sistema di diagnostica per immagini che utilizza gli ultrasuoni a diverse frequenze per visualizzare organi interni, sottocute, tratti articolari e muscolo-tendinei. A quale profondità massima può arrivare un esame ecografico? Qual è il suo limite?
“La profondità va dai 15 ai 20 centimetri. Gli elementi che creano limitazioni oggettive allo strumento sono l’aria e le strutture scheletriche: entrambi, infatti, sono elementi speculari che gli ultrasuoni non riescono a superare, per cui l’immagine che appare sul monitor è una linea bianca al di sotto della quale non si riesce ad evidenziare nulla”.
È vero che gli esami ecografici sono alla base di una prima analisi di moltissime patologie?
“Sicuramente sì. L’ecografia è un esame di primo livello, biologicamente sicuro perché non fa uso di radiazioni ionizzanti e su molte specifiche condizioni è in grado di fornire risposte diagnostiche fondamentali”.
Per essere sottoposti a un esame ecografico occorre fare una specifica preparazione?
“In linea di massima direi di no. E’ altrettanto vero che se si va a indagare l’addome, la situazione ideale sarebbe quella di essere a digiuno da almeno otto ore, mentre nell’ipotesi di un’indagine alla vescica o agli organi dello scavo pelvico, in particolare modo nella donna, la cosa migliore sarebbe quella di avere la vescica completamente distesa. Per valutazioni muscolo-scheletriche, cutanee o al collo non è invece necessario alcun tipo di preparazione”.
Parliamo di tumori. Da una banale ecografia addominale, richiesta ad esempio per dolori non ben definiti, è possibile scorgere carcinomi al primo stadio, con una reale possibilità di intervento e di guarigione?
Sugli organi parenchimatosi è verissimo, mentre sugli organi cavi la valutazione è sicuramente insufficiente. L’ecografia offre un eccellente risultato diagnostico su fegato, pancreas, milza, reni, vescica, mentre sullo stomaco e sull’intestino ha una confidenza diagnostica davvero molto basta: per vedere qualcosa nei visceri cavi, infatti, dev’esserci una massa di dimensioni notevoli e se le dimensioni sono notevoli, non si tratta purtroppo di un tumore al primo stadio”.
Quindi i tumori rilevabili da un esame ecografico sono solo quelli a fegato, pancreas, milza, reni o vescica. Vero?
“Direi di sì. Le problematiche pancreatiche si vedono chiaramente, così come le problematiche renali ed eventuali lesioni focali epatiche; però, nel caso di lesioni focali epatiche nel 95% parliamo già di lesioni secondarie, non di lesioni primitive. E’ questo ci fa tornare alla conclusione che abbiamo tratto nella precedente domanda”.
Perché i medici prescrivono un’ecografia addominale inferiore o superiore invece di un’ecografia addominale completa? Quest’ultima soluzione non fornirebbe allo specialista maggiori spunti di riflessione? Si tratta di un problema di costi?
“Non è un problema di costi, visto che fra l’una e l’altre i costi sono pressoché i medesimi. Il principio è un altro: se il medico prescrivente ha un sospetto di calcolosi biliare chiede ovviamente un esame ecografico dell’alto addome e lo fa perché la richiesta si basa su un preciso sospetto clinico. L’ecografia non è un grandangolo: l’indagine ecografica dovrebbe essere guidata da un preciso sospetto clinico.
L’ecografia può essere interpretata in modo personale a seconda del medico che esegue l’esame o i dati forniti sono assoluti, quindi non interpretabili in modo soggettivo?
“Degli esami fatti da altri colleghi, ovviamente non per diffidenza, ma proprio perché l’ecografia è un esame che va interpretato e valutato in modo soggettivo, mi fido solo dell’eco dell’anca del bambino, per la quale l’immagine acquisita deve avere precise caratteristiche che permettono a chiunque di valutare le caratteristiche dell’anca indagata ecografia.
Nel caso di altre indagini le immagini servono solo per documentare una ipotetica lesione ;ciò però non esclude che acanto alla lesione fotografata ve ne sia una seconda che non compare nell’immagine. Per cui credo che sia sempre meglio ripetere l’indagine.”
Oltre ai tumori, quali sono le patologie che meglio si individuano attraverso gli esami ecografici?
“Senz’altro la litiasi biliare e la litiasi renale, tutto il discorso muscolo-scheletrico, in particolare lesioni traumatiche muscolari tendiniti, lesioni legamentose; in alcune articolazioni l’esame ecografico ha una sensibilità diagnostica molto elevata, di poco inferiore rispetto ai risultati forniti da metodiche di altro peso, come la risonanza; mentre, su altre articolazioni i risultati sono decisamente inferiori. Sulla spalla, ad esempio, un esame ecografico, eseguito da un operatore con una certa esperienza, vale un 90% di un esame realizzato con risonanza magnetica, mentre su un ginocchio, vale il 30%, questo perché sulla spalla si riescono a valutare quasi tutte le strutture che vengono prese in esame anche dalla risonanza, mentre sul ginocchio se ne valuta il 30%. Dobbiamo tornare al discorso di prima: dove c’è osso il fascio ultrasonoro non passa, quindi manca la finestra acustica per vedere ad esempio i menischi (si vedono pochissimo), i legamenti crociati (non si vedono proprio) o le cartilagini (praticamente non si vedono).”
E’ vero che un’ecografia può salvare la vita e ha un’incidenza sul paziente praticamente nulla a livello di radiazioni rispetto ad altre indagini strumentali?
“Assolutamente sì. Il costo biologico di un’ecografia è zero ed è altrettanto vero che un’ecografia può salvare una vita. È chiaro che un’analisi precoce la si può fare in moltissime situazioni anche attraverso un’ecografia, alla quale, poi, servono altri esami strumentali per approfondire il problema. Sulle formazioni espansive renali, ad esempio, si possono vedere anche lesioni di un centimetro o di un centimetro e mezzo, questo ci permette di evitare non solo una nefrectomia, ma di procedere con una una nodulectomia ovverosia si asporta la lesione salvando il rene.”
È vero che un’esame ecografia alle carotidi non evidenzia soltanto la vastità della placca, ma anche la quantità del sangue che passa e altri dati importantissimi per effettuare una diagnosi accurata?
“Un’ecografia alle carotidi valuta la morfologia della placca, un dato che in alcuni casi è molto più importante della stessa percentuale di occlusione; inoltre, valuta la velocità del sangue e partendo da questa base si risale alla percentuale di stenosi. Vorrei soffermarmi sulla placca in quanto, in una situazione morfologica normale, la pacca diventa chirurgica quando si evidenzia una stenosi almeno del 70%, ma se una placca è ulcerata, allora diventa chirurgica anche al 20%, perché può dare emboli e quindi creare enormi problemi al paziente, tanto da costringere il chirurgo a intervenire anche con placche non stenosanti”.
A proposito di metodiche ecografiche che differenza c’è tra l’ecografia tradizionale e un ecocolordoppler?
“La macchina è la stessa, ma applica due metodiche diverse: nell’ecografia tradizionale si valuta la morfologia e la struttura degli organi, mentre nell’ecocolordoppler si valuta anche la vascolarizzazione. L’ecocolordoppler è quindi un “di più”: se c’è una lesione si va a vedere come si distribuiscono i vasi all’interno della lesione e questo dato, in casi specifici, può aumentare l’attendibilità diagnostica.
L’utilizzo del colore è naturalmente differente in base all’indagine che si stà effettuando; l’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici è una valutazione del flusso, mentre se studio la vascolarizzazione del nodulo epatico, mi posso orientare sulla tipologia del nodulo stesso; stesso discorso vale per la tiroide. Esiste tutta una classificazione delle lesioni nodulari che a seconda della vascolarizzazione orienta sulla benignità o sulla malignità del nodulo; non si tratta però di una valutazione assoluta, ma indubbiamente, il colore, può essere un valore aggiunto in alcune situazioni, così come può essere un valore aggiunto in situazioni infiammatorie, nelle quali il colordoppler evidenzia la presenza di più vasi rispetto al normale.”