Il Dott. Arcangelo Dell’Anna, psichiatra di 3C Salute, ci spiega com’è cambiata negli ultimi decenni la concezione dell’invecchiamento.
La posizione della psichiatria rispetto all’invecchiamento è cambiata radicalmente negli ultimi decenni.
Negli anni Settanta del secolo scorso la vecchiaia era ancora ritenuta una vera e propria condizione patologica; il successivo progresso nelle neuroscienze, il miglioramento della qualità della vita e l’aumento della durata media della stessa hanno modificato radicalmente questa concezione.
Oggi la vecchiaia è considerata a tutti gli effetti un’età della vita, che viene tutelata e che può essere vissuta in piena attività ed efficienza. Lo psichiatra si può trovare di fronte pazienti con problemi di deterioramento mentale: in questi casi è necessaria una diagnosi differenziale, ovvero è fondamentale capire se il paziente è affetto da un effettivo deterioramento mentale iniziale oppure se presenta un quadro depressivo. La prima patologia, infatti, si presenta con la sintomatologia tipica della depressione, e, viceversa, la seconda presenta i caratteri del deterioramento mentale, quali dimenticanze, errori e inattività. Con una diagnosi errata si rischia, nel primo caso, di aggravare la patologia e di accelerare i tempi del deterioramento, mentre nel secondo di essere inefficienti dei confronti della sindrome depressiva stessa. Proprio per poter dare diagnosi accurate sia in senso differenziale, che in senso di precocità, viene effettuato un lavoro d’equipe tra geriatra e psichiatra, che permette di introdurre strategie tali da rallentare i processi deficitari.